Il lupi di Genova


Sono giorni che Nadia mi ha inviato il suo racconto. Oggi finalmente riesco a condividerlo con tutti voi. Perché, si sa, i lupi ci seguiranno sempre, ovunque LIA vorrà andare!
Ana
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Mercoledì 10 Settembre 2014, alle ore 10.00
Il Gruppo di Genova si incontra per la prima volta ai Giardini Luzzati per Leggere insieme…. coi Lupi!

Eh si, da non credersi ma è successo proprio a Genova! Nella città spesso accusata di essere diffidente e schiva proprio per la chiusura dei suoi abitanti, un gruppo di persone, praticamente sconosciute, decidono di uscire per prime allo scoperto e di incontrarsi per leggere insieme libri illustrati per bambini e ragazzi e senza neanche avere paura del Lupo…tema del mese votato per il primo incontro. Ma in fondo si sa qui a Genova, al massimo, circola ancora qualche vecchio Lupo di mare!

Come faremo a riconoscerci? Facile, alle dieci di mattina appuntamento davanti al bar dei Giardini Luzzati con un libro lupesco in mano.

Io arrivo con una sacca piena di libri: alcuni cercati in Biblioteca, alcuni comprati nuovi per l’occasione, altri ‘sottratti’ furtivamente dalla libreria dei miei bambini, altri ancora recuperati per tempo dalla casa di Carrara. In questo gruppo ho il compito di Guida, così la sera prima ho cercato di prepararmi al meglio sino a fare le ore piccole. Ho preparato quella che mi è sembrata essere la cartella di un bambino al primo giorno di scuola: con lo stesso entusiasmo, la stessa curiosità, lo stesso timore di dimenticarsi qualcosa di importante. Avrò portato tutto l’occorrente? Si! C’è proprio tutto: le schede per i libri, il quaderno Diario con la foto di un bellissimo Lupo trovato all’ultimo momento, le copie stampate delle Bibliografie sui Lupi da condividere con il gruppo…non manca niente.

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Oltre a me, erano presenti al nostro primo incontro Anna de La Bottega delle Favole con i simpaticissimi Michele (figlio) e Lucia (nipote) entrambi di 8 anni, autori dei bellissimi Lupi disegnati.
Silvy che nel pomeriggio andrà ad un altro incontro sui Lupi, una riunione per la costruzione de il Museo sui Lupi di Rondanina, Federica l’unica che conosco e che ho tirato dentro con il suo grosso pancione, proprio come il lupo in certe storie, ma nel suo c’è un cucciolo d’uomo che fra qualche mese uscirà fuori!
Molte altre del gruppo non riusciranno a raggiungerci.

Dopo esserci trovate una tana al coperto, perché il tempo non promette nulla di buono e sistemate intorno ad un tavolo, iniziamo… in principio seguendo le indicazioni condivise in gran segreto con il gruppo delle Guide da Ana, Angela e Alessandra.

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Abbiamo ascoltato insieme Attenti al lupo di Lucio Dalla sfogliando le pagine del libro della Gallucci con i disegni di Barbara Vagnazzi

Abbiamo letto la filastrocca di Cappuccetto Rosso e il Lupo di Roald Dahl, “Versi perversi”- Salani …”ed ecco che incontrai quella bambina, senza cappuccio e senza mantellina. “Ti piace” disse con la voce fresca “ questa mia bella pelliccia lupesca?”

Su mia indicazione si è iniziato a parlare della prima volta in cui abbiamo incontrato un Lupo nelle fiabe.

Federica ricorda Pierino e il Lupo di Serghej Prokofiev,” la maestra all’elementare ci aveva fatto ascoltare il disco”, e poi il Cantafavole della Elah in musicassette con Cappuccetto Rosso.
Silvy: anch’io con le fiabe sonore Cappuccetto Rosso, Il lupo e sette Capretti e Pierino e il Lupo.

Anna: “ho paura che sia il lupo Ezechiele a fumetti…quello con la salopette blu abbottonata storta”.

Anche il mio primo ricordo di Lupo è quello di Cappuccetto Rosso del Cantafavole, ma io appartengo alla generazione del mangiadischi con i 45 giri! Federica con il suo racconto mi ha fatto tornare alla mente la mia maestra, anche lei ci aveva fatto ascoltare in classe Pierino e il Lupo, ricordo il giradischi portatile, il 33 giri che veniva posizionato, la punta che veniva abbassata e la musica che saliva. Dieci anni fa circa, un giorno, ho trovato in edicola il libro Pierino e il Lupo, de La Biblioteca della Repubblica, illustrato da Lucia Mattioli con musica di Claudio Abbado e Narrazione di Roberto Benigni, me lo sono comprato, da anni ormai lo leggo o lo ascolto con i mie figli, anche per loro è stato uno dei primi incontri lupeschi e spero che da grandi avranno nitido il ricordo di quelle immagini, della storia e della musica (quella di Prokofiev e quella del loro papà musicista), che loro, nuova generazione, ascoltano con un lettore cd. Oggi ho portato con me anche questo libro, ma con Pierino e il Lupo ho trovato tante storie.

…ma più di tutti ricordo il Lupo di Cappuccetto Rosso narrato da mia mamma, e, condivido con il gruppo un fatto che a me sembra assai strano: tra tutti i vecchi libri che avevo da bambina e tra tutti i libri comprati ai miei bambini nessun Cappuccetto Rosso è presente, eccezion fatta nell’ultimo caso da Favole A Rovescio di Gianni Rodari dove la storia di Cappuccetto c’è ma tutta reinventata… è una cosa a cui ho pensato spesso già prima e sicuramente mi ci sono ritrovata a pensarci con l’ inizio di questa avventura dall’uscita del tema del mese.

Anna interviene dandoci più di uno spunto di riflessione:
“Cappuccetto Rosso si è sempre raccontata, si raccontava, tutti la conoscevano, si tramandava per tradizione orale” e ancora “Con la narrazione il bello della storia sta nella voce del narratore, che spesso è la mamma, al buio,quando si sta per fare la nanna…”

A questo punto io chiedo, e voi? Ai vostri bambini Cappuccetto Rosso la raccontate? Ma come la raccontate? Cambiate qualcosa, magari il finale?
Io ai miei bambini arricchisco la storia con elementi di tutti i giorni, così nel cestino di Cappuccetto Rosso (pesantissimo) ci sono le trofie al pesto, le polpettine al sugo come quelle che fa la nonna Antonietta (la mia mamma)e che ci porta spesso, oppure i canestrelli di zia Monica, la focaccia dolce con l’uvetta e i pinoli della nonna Carla e le uova sode di quaglia che ci piacciono tanto. Mi sono inventata un dialogo tutto mio tra la nonna e Cappuccetto Rosso quando si ritrovano nella pancia del lupo che, dalla gran fame, le ha mangiate tutte intere in un sol boccone. E’ un dialogo in cui la Nonna cerca di rassicurare e consolare Cappuccetto che piange disperata pensando e dicendo che è tutta colpa sua, “la mamma me lo aveva detto di non attraverdare il bosco”, “E’ vero!” dice la nonna “hai disubbidito alla mamma ma non ti preoccupare, siamo insieme, siamo vive, ci salveremo”.

Anche i cacciatori diventano persone familiari come lo zio Enri e lo zio Giampaolo che si sa…non farebbero male ad una mosca! E poi il nostro lupo non viene ucciso, per colpa del gran peso dei sassi nella pancia, mentre beve cade nel fiume e viene trascinato giù a valle!

Penso che nel mio Cappuccetto Rosso ci sia del nuovo, del mio ma anche qualcosa che appartiene a quella narrazione materna che riaffiora al buio…
Riflettiamo insieme sul fatto che i nostri primi incontri coi lupi di fiabe sono stati incontri di lupi ‘cattivi’ e Anna sottolinea che, “Ai nostri tempi, i lupi delle storie erano tutti cattivi perché erano storie antiche di quando i Lupi, quelli veri, esistevano davvero, ce li avevano fuori dalla porta di casa e poi c’è differenza tra fiabe e favole, alcune storie non erano per i bambini ma per gli adulti, venivano raccontate da cantastorie per strada o alla corte dei signori…”. “Si” conferma Federica, “Il lupo era cattivo ma non faceva paura più di tanto”.
E’ vero, io mi divertivo da matti quando nella storia si arrivava alle domande incalzanti di Cappuccetto alla Nonna su “Ma che occhi, che orecchie che naso grandi che hai”. “Avere un po’ paura è un po’ bello” aggiunge Silvy.

A questo punto, siccome “Il lupo perde il pelo ma non il vizio” non posso fare a meno di proporre una lettura tratta dal libro Guarire con una fiaba. Usare l’immaginario per curarsi. di Paola Santagostino (Feltrinelli 2004), che ho prelevato dalla mia libreria professionale di casa, perché oltre a essere mamma, appassionata di libri illustrati, ed avere lavorato per alcuni anni come educatrice all’Asilo Nido, sono psicologa psicoterapeuta.

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Gli animali delle fiabe. Il Lupo (cap. 4, pagg 68-69):
Il lupo delle fiabe nella versione negativa è una rappresentazione della violenza, del sopruso sessuale e della licenziosità: nella versione positiva è invece simbolo di fecondità e tenacia nella solitaria ricerca interiore.Il lupo di Cappuccetto Rosso è il maschile seduttore, pericoloso sul piano sessuale, a cui la bambina rischia di soccombere, ancora troppo acerba e priva di modelli di identificazione femminile validi. Ma è proprio il lupo ad essere invocato invece nei riti agresti della fecondità, simbolo qui di un maschile sessualmente fecondo, che viene auspicato, venerato e invitato. Il lupo delle fiabe è a volte “lupo nero”, feroce e distruttore, spinto da un appetito fisico insaziabile, e altre volte “lupo azzurro”, lupo solitario, eremita lontano dalle passioni del mondo.A volte è “lupo mannaro”, il licantropo in cui l’uomo si trasforma nelle notti di luna piena, regredendo ad uno stato bestiale, e a volte è “ lupo sciamano”, simbolo di uno stato di elevazione spirituale, da cui il saggio della tribù deriva le sue capacità curative.”

Finalmente iniziamo a leggere i libri che abbiamo portato, ed entrano in scena i lupi buoni:

Il primo è il lupo di Silvy, “Ninna Nanna per una pecorella” che ha portatocon sé anche se non la convince tanto.

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Poi è il momento dei nostri Lupi vegetariani: Il lupo di Anna in “Animali di versi”, seguito da “Lupo!” che ho trovato in Bilbioteca e quello de “I tre porcellini” che addirittura finisce per coltivare l’orto…

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E siccome siamo a Genova e a noi ci piace tanto la focaccia, che come la facciamo qui non la fa nessuno…, non poteva mancare “Lupo mangione e la luna”, un Lupetto che “sognava una cosa golosa; assaggiare le focacce che cuocevano nel forno della signora Pagnotta, la panettiera”.

E poi, sotto casa mia c’è un panificio e la panettiera si chiama Nadia come me, e anche il mio lupetto quando entra affamato dice ”Dammi quella focaccia! Conto fino a tre…Se al tre non avrò quella focaccia saranno guai!” …non potevo proprio lasciarlo a casa!

Silvy ci presenta un bel libro che io non conoscevo affatto ”I tre porcellini” di Steven Guarnaccia, che sono tutti e tre architetti come il papà del suo bimbo che, anche grazie a questo libro, ha un idea del lavoro che fa il papà e ormai conosce tutta la terminologia tecnica degli attrezzi del mestiere!

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Leggiamo tanti libri, un po’ per nostra curiosità un po’ perché incalzate dalla presenza di Michele e Lucia che sembrano proprio dei lupetti affamati di storie, che, di alcune, sono più esperti di noi, sicuramente lo sono a notare particolari nelle illustrazioni che a noi grandi sfuggono. Condividiamo insieme che questa è proprio una caratteristica dei bambini:per quanto noi grandi possiamo essere affascinati dalla storia, dalle illustrazioni che spesso ci attirano verso quel libro, i bambini vedono cose che noi facciamo fatica a cogliere subito.

Alcuni dei nostri libri sono stati letti per intero come “Sono io il più bello”, “Sono io il più forte”, alcuni a frammenti come “Tommaso e i cento lupi cattivi”, “Pierino e il lupo”, “Il lupo che voleva essere pecora”, “Il Lupo Ballerino” e All’improvviso”.

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Altri gli abbiamo praticamente sfogliato e basta come “Diario di un lupo cattivo”. L’’utima lettura “La vera storia dei tre porcellini” è rimasta sospesa perché si era fatto tardi e il locale che ci ospitava aveva bisogno dei tavoli.

La vera storia dei 3 porcellini

Volevo però concludere con “Una Zuppa di Sasso”, uno dei miei lupi che ho dovuto recuperare dalla Casa di Carrara, ma ci tenevo tanto che non mancasse e tra poco vi spiego perché.

Michele lo osserva e dice “questo lupo non è tragico….questo lupo sembra un topo”; Lucia: “E’ un tipo, anzi un topotipo!”
Ancora Michele; “È un po’ depresso”,
“O forse è solo un po’ vecchio, stanco” aggiungo io.

Per alcune di noi questo libro era sconosciuto, Anna ci illumina nuovamente: questa storia ricorda altre storie della tradizione come “zuppa di chiodo”, “zuppa di pietra”, ci racconta che, più o meno tutte, con alcune differenze, raccontano la storia di un viandante (come il nostro lupo) che con l’astuzia riesce ad ottenere ospitalità e qualcosa per sfamarsi nonostante l’iniziale diffidenza. Anna ci ricorda che esiste anche la versione della ”Zuppa di bottoni di zio Paperone” in cui è Paperina a cimentarsi nel tirar fuori qualcosa di speciale anche dall’avaro zio Paperone.

Per me “Una zuppa di sasso” è una bellissima metafora illustrata sul gruppo e sulla sua forza: ciascuno di noi è arrivato all’appuntamento con curiosità ma forse anche con un’po’ di diffidenza, in fondo non ci conoscevamo, qualcuno forse credeva di non aver portato nulla con sé “Tutto qui?” chiede la gallina, e chi forse temeva di avere un carico troppo pesante.

A fine incontro e dopo aver letto cosa era successo negli incontri degli altri gruppi, ho pensato di aver tralasciato la parte di presentazione all’interno del gruppo, di esser stata troppo focalizzata sui ‘compiti’ (le schede, le letture, ricordare cosa fare, chiedere).

Forse non abbiamo parlato esplicitamente di noi ma adesso mi è chiaro che, dopo un po’ ciascuno, con i propri tempi, con le proprie modalità ha finito per portare i propri ricordi, sapori, odori…il sedano, le zucchine, i porri…qualcosa della propria storia e del proprio presente familiare.

Ecco il Gruppo di Genova: un piccolo branco con tanti lupi!

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mi piace, però, immaginarci e ricordarci così:

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“Ora tutti si siedono in circolo attorno al camino. Si raccontano barzellette, discutono. La Gallina esclama: “Come è bello essere tutti insieme! Dovremmo organizzare delle cene più spesso”.

Nadia
(guida del gruppo di Genova)































































































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