BUGIE E VERITA’ SULLE FIABE di Rosa Tiziana Bruno

Amo definire le fiabe come il più antico fenomeno sociale e artistico della società umana. Le sue origini, infatti, sono antichissime, essendo nate prima ancora del linguaggio verbale. 

Gli esseri umani hanno iniziato a raccontarle da subito, sin dai primi momenti in cui sono comparsi sul pianeta Terra. Per questa ragione, attraverso le fiabe è possibile rintracciare l’intero percorso di vita dell’umanità, dagli inizi ai giorni nostri. 

Inizialmente tramandate con la tecnica del graffito (nelle grotte preistoriche), con l’invenzione del linguaggio sono diventate oggetto di narrazione orale per poi essere trascritte e anche studiate. Sono storie nate dagli adulti e destinate
a chiunque a prescindere dall'età, infatti rappresentano ancora oggi una fonte inesauribile di ispirazione per molti scrittori e registi. 

La fiaba non è solo un racconto, ma un importante fenomeno sociale che ci riguarda tutti.  Eppure, l’attenzione che le dedichiamo è sempre scarsa o superficiale. 



Nonostante in Italia sia argomento di studio nella scuola dell’obbligo, molto spesso le persone pasticciano con il significato delle parole. Si arriva perfino a confondere i termini fiaba e favola, credendoli sinonimi, ma è un errore piuttosto grave. 

Proviamo, dunque, a fare un po’ di chiarezza.

La fiaba, oltre a essere primordiale, intreccia vicende reali e irreali insieme, servendosi di metafore fantastiche. Nelle sue trame si muovono personaggi di vario tipo: uomini, donne, bambini e esseri soprannaturali (orchi, fate, streghe, folletti, gnomi, giganti, nani, animali). Il suo sviluppo narrativo è complesso, e racchiude descrizioni e avvenimenti articolati. Grazie a queste caratteristiche, riesce a stimolare la fantasia del lettore e contribuisce allo sviluppo delle sue capacità intuitive e deduttive.



La favola ha anch'essa origini antiche, ma posteriori alla fiaba. E’ un genere di racconto caratterizzato dalla brevità, difatti la sua trama è molto corta e può essere anche in versi. Tramandata inizialmente in forma orale, è stata poi trascritta e modificata per diventare uno strumento didattico. Ai tempi dell’antica Grecia e dell’Impero romano le favole erano raccolte in libri destinati alle esercitazioni degli alunni.

I protagonisti della trama favolistica sono quasi sempre animali parlanti e nel loro comportamento  è racchiuso un monito contro gli istinti e i vizi umani. Famosissima è la raccolta francese Roman de Renart (Romanzo della volpe), in cui si susseguono le avventure di una furbissima volpe che riesce a prendersi gioco del lupo.

A parte le distinzioni storiche e stilistiche, c’è un tratto importante che fissa la differenza tra i due generi letterari: il tipo di messaggio. 

La favola arriva subito a conclusione perché non conta la storia, ma la morale. Nel finale contiene infatti un insegnamento esplicito per il lettore. Talvolta questo messaggio è veicolato attraverso stereotipi, più o meno velati.



La fiaba, al contrario, non contiene una morale palese, ma lascia che sia il lettore a decidere quali conclusioni trarre. Non dice mai cosa si deve fare, ma chiede al lettore di decidere chi vuole essere. In nessun tipo di fiaba (popolare, letteraria, antica, moderna) sono presenti stereotipi, tantomeno moralismi. 

Personaggi come il principe azzurro oppure trovate sdolcinate come il lieto fine a ogni costo, sono elementi aggiunti in maniera arbitraria, in tempi relativamente recenti, da case editrici e cinematografiche. Tutto ciò non ha nulla a che vedere con le fiabe autentiche.

Ma questa è un’altra storia...


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Rosa Tiziana Bruno fa parte di Leggere insieme... ancora! Se volete conoscerla meglio vi lasciamo questa intervista dove ci racconta un po il suo essere scrittrice, sociologa e... viaggiatrice! 

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