C'era una volta... la
Strega Bistrega, la figlia Margherita Margheritone e il piccolo
Pierino Pierone che, monello come è, invece di andare a scuola va
nel frutteto a rubare le pere dagli alberi.
Ma si sa che le
streghe, soprattutto quelle italiane, sono golose di bambini. E sono
anche ottime oratrici. E anche se Pierino è un bambino accorto,
nulla può davanti alle capacità persuasive di una strega: è un
attimo e il bimbo viene messo “nel sacco” in senso letterario:
chiuso con un cordino.
Per tre volte viene
catturato e per tre volte riesce a liberarsi, facendosi alla fine
giustizia e mettendo lui stesso “nel sacco”, stavolta metaforico,
Bistrega e figlia.
Ecco tutti gli elementi
tipici della fiaba: il piccolo che riesce a vincere il grande con
l'astuzia, le tre prove da superare, ma soprattutto lei, la Strega
cattiva e ingorda, che viene sconfitta nonostante i suoi poteri
malvagi.
La Fiaba Il bambino nel
sacco è una delle 200 raccolte da Italo Calvino nel suo libro Fiabe
italiane (Titolo
originale
Fiabe Italiane raccolte dalla tradizione popolare durante gli ultimi
cento anni e trascritte in lingua dai vari dialetti da Italo
Calvino).
Quello che i fratelli
Grimm hanno fatto per le fiabe della tradizione orale tedesca,
Calvino lo ha fatto nel 1956 con i racconti tramandati per via orale
e poi pubblicati in modo caotico, in “ritardo” rispetto a Francia
e Germania, ma forse con maggiore ricerca scientifica e cognizione.
Insieme alla collaborazione dell'etnologo Giuseppe Cocchiara, Italo
Calvino riscrive e raccoglie le nostre radici, in un lavoro di
catalogazione e revisione regionale della fiaba.
“I grandi libri di
fiabe italiani, si sa,” scrive Calvino nel 1956, “sono nati in
anticipo sugli altri”.
Già nel 1550 in Italia
comparve la racconta di “favole ed enimmi” Le piacevoli notti
del romanziere Giovanni Francesco Straparola, anche se di stile
diverso da quello che intendiamo ora per fiaba per l'infanzia: era
una fiaba popolare, destinata ad un pubblico adulto, narrata nelle
sere del Carnevale. Per la prima volta leggiamo la fiaba de Il Gatto
con gli stivali, che è tipicamente una fiaba per alcune sue
caratteristiche: ci sono molti elementi magici e fantastici, il rito
di iniziazione del protagonista e la sua evoluzione, la vittoria del
bene sul male, il lieto fine.
Un secolo dopo
Giambattista Basile, scrittore e letterato campano pubblica Lo cunto
de li cunti, prima raccolta italiana pensata esplicitamente per
l'intrattenimento dei bambini, dove leggiamo versioni di Cenerentola
o La bella addormentata nel bosco ancora più antiche di quelle di
Perrault e dei Grimm.
Calvino ha saputo
sapientemente lasciare la sua impronta lì dove la fiaba ne aveva
bisogno: “(...) variano da fiaba a fiaba la misura e la qualità
del mio intervento, a seconda di quel che il testo mi suggeriva”,
fino alla creazione di un'opera organica e universale. “Il mio
lavoro è consistito nel cercar di fare di questo materiale
eterogeneo un libro; nel cercar di comprendere e salvare, di fiaba in
fiaba, il 'diverso'' che proviene dal modo di raccontare del luogo e
dall'accento personale del narratore orale, e d'eliminare - cioè di
ridurre all'unità – il 'diverso' che proviene dal modo di
raccogliere, dall'intervento intermediario del folklorista”.
Ecco qui il risultato
di una raccolta unica e preziosa, che respira pienamente della nostra
cultura. I personaggi sono contadini paurosi, bambini monelli,
pastori e pescatori, mercanti furbetti, signorotti. I paesaggi sono
quasi sempre rurali, i cattivi sembrano usciti da quache racconto
delle nostre nonne (l'omo nero, la stessa Bistrega che mangia i
bambini), le storie sono condite da nomignoli e versi in rima che ci
rimandano alle tecniche della narrazione orale, che usava questi
espedienti per memorizzare e non far dimenticare i propri racconti al
pubblico in piazza.
Valeria
Grazie dell'approfondimento!
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