Clarissa, Vassilissa, la bambola e la Baba Jaga: “Donne che corrono coi lupi.”
Ultimamente, da quando sono entrata nel ‘fantastico’ mondo di LIA, sono sempre più convinta che “Nulla accade per caso e tutto torna”: non è un caso che io sia qui, come non è un caso che LIA sia entrato nella mia vita proprio in questo momento e tutto, sicuramente molto, torna e ri-torna.
Mi sono tornate storie lette in passato altre, dimenticate al punto che credevo di non averle mai lette o sentite, mi sono ritornate alla memoria, e con esse molti dei miei studi passati.
Quello che segue è un ritorno di una lettura fatta tanti anni fa di un libro di Clarissa Pinkola Estés e che, grazie al tema del primo incontro, ho ripreso dalla libreria :
"Donne che corrono coi lupi. Il mito della Donna Selvaggia ", Frassinelli, 1993. Tutto quello che leggerete qui arriva da lì, io ho solo aggiunto qualche pensiero mentre lo trascrivevo per voi… per noi tutte che coi lupi abbiamo iniziato.
Clarissa
L'Autrice, oltre che Psicoanalista e studiosa di etnologia, è una cantastorie, una "cantadora", secondo la definizione della sua stirpe ispano-messicana. Utilizza le storie in terapia con le sue pazienti, spesso seguendone il materiale onirico che contiene intrecci e storie, per rintracciare “il mito o la fiaba-guida che contiene tutte le istruzioni di cui una donna ha bisogno per il suo sviluppo psichico”( pag. 14).
“Le storie infatti”, secondo l'Autrice, “sono un balsamo. Hanno un tale potere: non ci chiedono di fare, essere, agire, - basta ascoltare. I rimedi per reintegrare o reclamare una pulsione psichica perduta si trovano nelle storie…. sono disseminate di istruzioni che ci guidano nelle complessità della vita” (pag. 15). Nel senso più antico le storie sono un'arte curativa, sono medicine, “…mettono in moto la vita interiore, e ciò è particolarmente importante là dove la vita interiore è spaventata, incastrata o messa alle strette” (pag. 20). Attraverso di esse, scrive l'autrice: “maneggiamo energia archetipica” che porta a cambiamenti. Clarissa Pinkola Estés, attraverso un lavoro di ricerca, ha raccolto un’ingente mole di materiale attinto dalle fiabe, dai miti, dai racconti popolari ha raccolto, studiato, creato storie lungo tutta la sua vita personale e di psicoanalista.
Personalmente, e come psicologa psicoteraeuta, condivido che “Le storie sono e saranno sempre molto più antiche dell’arte e della scienza della psicologia” (pag.19).
Per Clarissa la storia di Vassilissa è una di quelle “storie da usare come vitamine per l'anima”, infatti nel suo libro, al capitolo 3, “Alla scoperta dei fatti: il recupero dell’intuito come iniziazione”, troviamo l’antico racconto russo “Con la bambola in tasca: Vassilissa la Saggia” che all’autrice “è stato porto da zia Kathé”.
La storia si narra in Russia, in Romania, Juguslavia, Polonia e tutti i paesei baltici. Talvolta è intitolata La Bambola, oppurre Vassilissa la Saggia.
Questa antica fiaba, le cui radici archetipiche risalgono ai culti dell'antica dea-cavallo anteriori alla cultura greca classica, è una storia di iniziazione femminile, come recupero dell'intuito, tesoro e grande potere della psiche della donna.
Vassilissa e la Baba Jaga
«Sono le mie ultime parole, bambina mia. Se ti perderai o avrai bisogno di aiuto,domanda alla bambola che fare,e sarai assistita.Tieni la bambola sempre con te. Non parlarne con nessuno,e nutrila quando ha fame. Questa è la promessa di mia madre,e la mia benedizione».
“Vassilissa è la storia del passaggio di madre in figlia, da una generazione all’altra, del potere femminile dell’intuito. Questo grande potere, l’intuito, si compone di capacità di veder dentro, di ascoltare, di sentire e sapere veloci come il fulmine” (pag. 81).
L’autrice spiega che, per afferrare davvero questo racconto, è necessario capire che tutte le sue componenti , tutti gli aspetti della storia, appartengono e rappresentano un’ unica psiche di un'unica donna nel suo processo di iniziazione.
L'iniziazione è qui messa in atto attraverso nove compiti che la bambina Vassilissa deve portare a termine, dopo la morte della madre, presso la strega Baba Jaga a cui è stata inviata dalla matrigna e guidata dalla bambola lasciatale in eredità dalla madre.
Nel rito della vecchia dea selvaggia, la Baba Jaga, i compiti dell’iniziazione sono nove:
1. Consentire all’Ottima madre di morire,
2. abbandonare l’Ombra Primitiva,
3. la Navigazione nell’Oscurità,
4. affrontare la Strega Selvaggia,
5. servire il Non Razionale,
6. selezionare e separare,
7. domande sui misteri,
8. stare a quattro zampe,
9. riplasmare l’Ombra.
L'iniziazione di Vassilissa comincia con l'imparare a lasciare morire quel che deve morire.Ciò significa lasciar morire i valori e gli atteggiamenti della psiche che non la sostengono più.
Dopo la morte della mamma, il padre di Vassilissa si risposò. La famiglia acquisita di Vassilissa è un ganglio intra-psichico che comprime il nervo della vitalità della vita. La matrigna e le due sorellastre entrano come un coro di streghe irridenti e dileggianti. “Non ce la farai. Non sei abbastanza brava. Non sei abbastanza coraggiosa. Ti è permesso di fare questo soltanto e nulla di più.” Siccome Vassillissa non è ancora del tutto consapevole del suo potere, lascia fare ed esegue ogni giorno i lavori domestici senza lamentarsi. Sottomettersi senza lamentarsi è apparentemente eroico, ma in realtà provoca un apprensione sempre maggiore e un conflitto sempre più grave tra due nature antitetiche, una troppo buona e l’altra troppo esigente. Questa pressione va verso uno sbocco positivo. La matrigna e le sorellastre non vedevano l'ora di sbarazzarsi di lei. Permisero al fuoco del camino di esaurirsi,obbligando Vassilissa ad andare nel bosco, al buio e sola, alla ricerca della casa della Baba Jaga per farsi donare il fuoco, nella speranza che la strega l'avrebbe uccisa. Si potrebbe dire che Vassillissava dalla Grande Strega Selvaggia perché ha bisogno di un grande spavento, e il fuoco che si estingue l’ aiuta a sfuggire alla sottomissione. Simbolicamente sono rappresentati i compiti psichici, nel passaggio all'adolescenza, quando scompare la dolce e protettiva madre dell'infanzia e devono essere affrontate sfide, ostacoli per recuperare la propria natura istintiva. Se restiamo troppo a lungo con la madre protettiva dentro la psiche, ci troviamo ad ostacolare tutte le sfide che ci pongono e a bloccare pertanto ogni ulteriore sviluppo. E’ necessario accettare che la madre psichica vigilante, protettiva, non sia adatta come guida centrale della propria vita istintuale futura.
«Lasciamo il capezzolo e impariamo ad andare a caccia» (pag. 86) incoraggia Pinkola con un'eloquente immagine.
La storia sottolinea come conservare o ricostruire, se è stato depauperato, l’intuito primordiale della donna madre-interiore, l’archetipo che dà energia, che sa dove andare, quando e come fare ciò che dobbiamo fare. Quindi accettare di avventurarsi nel luogo dell’iniziazione profonda e cominciare a sperimentare l’essere nel proprio potere intuitivo. Imparare a sviluppare una sensibilità, basandosi sulla nostra intuizione interiore. L’intuito non esiste di per sé ma va nutrito alimentato “nutrila quando ha fame” dice la mamma a Vassillissa riferendosi alla bambola, e lo si può fare solo fidandosi di lui e quindi usandolo. Nel bosco, a ogni biforcazione,Vassilissa infilava la mano nella tasca e consultava la bambola.«Devo andare a sinistra o a destra?». La bambola rispondeva con un sì o un no. E diede alla bambola un po'del suo pane mentre camminava e seguì quanto sentiva provenire dalla bambola.
Giunta davanti ad una strana casa Vassilissa consultò la bambola «È questa la casa che cerchiamo?» e la bambola rispose «Sì, è questa la casa che cerchi».
La Baba jaga si mostrò a Vassilissa urlandogli: «Che cosa vuoi? »
La fanciulla tremava.«Nonna,sono venuta per il fuoco,la mia casa è fredda,i miei moriranno,ho bisogno del fuoco».
La Baba Jaga, dietro il suo aspetto spaventoso, è anche Madre Selvaggia e maestra che insegna a Vassilissa i grandi poteri selvaggi della psiche femminile, i poteri dell'intuito.
La Baba jaga di rimando disse: «Oh,sììì,ti conosco e conosco i tuoi. Dunque essere inutile,hai lasciato spegnere il fuoco,non è bella cosa da farsi. E per giunta cosa ti fa pensare che ti darò la fiamma?».
Vassilissa consultò la bambola e si affrettò a rispondere: «perchè chiedo».
La strega gradì la risposta ed accettò di darle il fuoco ma non prima che Vassilissa si fosse occupate di certe incombenze, difficili, quasi impossibili, e un suo errore gli sarebbe costata la vita.
Vassilissa dopo aver ricevuto la lista delle cose da fare entro la mattina seguente si sentì quasi svenire.«Oh,come potrò fare?» Infilò la mano in tasca e la bambola sussurrò «Non preoccuparti ci penserò io» Quella notte la Baba Jaga dormì come un ghiro. Vassilissa cerco di separare i semi di papavero dalla sporcizia. Dopo un po' la bambola disse:«Ora dormi,andrà tutto bene».
Una sera la Baba Jaga s'accorse che Vassilissa la osservava «Cosa hai da guardare?» le disse. «Posso farti qualche domanda Nonna?». Vassilisa chiese dei Cavalieri del bosco,ma quando stava per chiedere del paio di mani che comparivano e scomparivano,la bambola cominciò a saltare nella tasca allora disse: «No,nonna. Come tu stessa hai detto, troppo saprai presto invecchierai».
La Baba Jaga si sorprese di tanta saggezza e chiese: «Come hai fatto a diventare così saggia alla tua età?» Vassilissa rispose: «Grazie alla benedizione della mamma».
Sentito ciò la strega si agitò :«Non voglio benedizioni qui» prese il bastone con il teschio ed il fuoco e lo diede a Vassilissa cacciandola via in fretta.
Alla fine, invece di essere uccisa e divorata dalla Strega come desideravano la matrigna e le due sorellastre, la piccola orfana riceve da Baba Jaga anche un teschio acceso su un bastone, da portare con sé ritornando a casa.
La luce del teschio è ulteriore rappresentazione dell'intuito e della consapevolezza profonda. Un modo fondamentale per mantenere il collegamento con il selvaggio è infatti chiedersi che cosa si vuole veramente, quali sono i desideri più profondi, discriminando e individuando le «cose che chiamano dall'anima» (pag. 112).
“Lasciar morire le cose è il tema della fine del racconto. Vassilissa ha imparato bene. Si agita quando il teschio fa bruciare le maligne? Neanche per idea. Muoia dunque, quel che deve morire. “
Vassilissa fece ritorno a casa trionfante perché era sopravvissuta al viaggio e aver portato a casa il fuoco. Ma il teschio sul bastone osservava ogni mossa delle sorellastre e della matrigna, e la mattina seguente il teschio aveva bruciato e ridotto in cenere il malvagio terzetto.
L'epilogo della storia vede la protagonista "vittoriosa" sulla sua iniziazione. Vassilissa ha imparato a seguire la sua conoscenza, a lasciare vivere quello che può vivere e lasciare morire quello che deve morire.
“Come prendere una simile decisione? Si sa. La que Sabé sa. Interrogatevi dentro per avere il suo consiglio. Alla luce del teschio fiammeggiante, sappiamo.”
La bambola
«Ecco, questa bambola è per te, tesoro mio», sussurrò la mamma, e da sotto le coperte tirò fuori una bambolina che come Vassillissa indossava stivali rossi, grembiulino bianco, gonna nera e corsetto ricamato di tanti colori.
La Bambola di Vassilissa viene dalle provviste dell'Antica Madre Selvaggia. Le bambole sono uno dei tesori simbolici della natura istintuale. Nel caso di Vassilissa la bambola rappresenta la piccola forza istintuale vitale che è fiera e insieme tollerante. Qualunque sia la confusione in cui ci troviamo,vive una vita nascosta dentro di noi.
Da secoli l'umanità ha sentito che le bambole emanano santità e manà -una presenza terrificante e irresistibile che agisce sulle persone cambiandole spiritualmente-. I musei de mondo sono pieni zeppi di idoli di figurine di argilla o di o di legno e di metalli vari. Le figurine del paleolitico e del neolitico sono bambole. Le gallerie d’arte sono piene di bambole. Sono usate nei riti, nei rituali, nel wodoo, negli incantesimi d’amore. Sono talismani ch ericordano all’altro il proprio potere. La bambola è il simbolico homunculus. È simbolo di quanto sta sepolto di numinoso negli esseri umani. È un piccolo risplendente facsimile dell'io originale. Superficialmente è soltanto una bambola, ma inversamente è un pezzettino dell'anima che porta tutta la conoscenza del più grande anima-io. Nella bambola c'è la voce, in piccolo, della vecchia La Que Sabè.
Colei che sa.
La bambola è legata ai simboli del folletto, dell'elfo, dello gnomo, della fata, del nano. Nelle favole rappresenta una profonda pulsione di saggezza nella cultura della psiche. È la creatura che continua nel lavoro interiore, instancabile, lavora anche quando dormiamo, quando non siamo del tutto consapevole di quanto mettiamo in atto. La madre ha offerto un grande dono legando l'una all’altra,Vassilissa e la bambola. Essere legati al proprio intuito significa promuovere una grande fiducia in esse, cambia l'atteggiamento che guida la donna da “che sarà,sarà” a “fammi un po' vedere tutto quel che c'è da vedere”.
Cosa fa per le donne questo intuito selvaggio? Come il lupo, l'intuito ha artigli che squartano e inchiodano, ha occhi capaci di vedere oltre le corazze dei personaggi e orecchie per udire oltre le chiacchiere. Con questi formidabili strumenti psichici la donna assume consapevolezza animale acuto e persino cognitiva..
Vassilissa per strada alla ricerca del fuoco non può far altro che ascoltare la voce interiore che viene dalla bambola.Vassilissa sta imparando a fidarsi di questo rapporto ma cosa ben più importante sta imparando a: nutrire la bambola. Come si nutre l'intuito? Lo si nutre di vita, ascoltandolo.
La relazione tra la bambola e Vassilissa simboleggia una forma magica empatica fra la donna e il suo intuito. Questa è la cosa da passare di donna in donna, questo felice legame e nutrimento dell'intuito. Come Vassilissa impariamo ad ascoltarci ad ogni svolta: destra o sinistra,vado avanti o mi fermo.
Le bambole servono come talismani.I talismani rammentano quel che si sente ma non si vede, quel che è così ma non immediatamente evidente. Il numen talismanico della bambola è lì che ci rammenta, ci dice, guarda davanti per noi. Questa funzione intuitiva è una ricettività massiccia e fondamentale. Non la ricettività della psicologia classica, che è un contenitore passivo. Ma la ricettività nel possedere accesso immediato a una saggezza profonda che arriva fin nelle ossa delle donne.
Ci sarebbe stato tanto altro da scrivere ed approfondire ma lascio a voi la scelta di farlo… con la vostra bambola in tasca.
Nadia Porfido
______________________________________________________
tratto da “ Donne che corrono coi lupi. Il mito della Donna Selvaggia” di Clarissa Pinkola Estés, Traduzione:Maura Pizzorno, FrassinelliEdizione: 1993 Pagine: 503 Prima edizione: 1992
Titolo originale: Women who run with the wolves
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento